venerdì 3 dicembre 2010

Pirita...


     Da più di quattro giorni stavo a New York e non ero ancora andato in bagno. Mi sentivo gonfio. Mentre camminavo per strada spesso rilasciavo attimi di aria, che tra l’altro non sembravano miei. Non li riconoscevo, avevano un odore diverso. All’estero non sono le tue, sono straniere. In giro per Manhattan facevo quelle che si chiamano le “seguge”. Pensi di liberartene mentre le fai e loro invece ti seguono. Sono dense e non ti mollano. L’errore più elementare con le seguge è farle prima di entrare in macchina pensando di lasciarle fuori: invece, dopo un secondo che sei seduto, le senti. Salgono come le nuvole in montagna.
     In quei giorni ogni volta che andavo in bagno per fare la pipì cercavo di capire se, impegnandomi, riuscivo a fare dell’altro. Anche se sono un maschio faccio la pipì seduto, come le donne. Cresciuto con mia madre, mia nonna e mia zia ho sempre visto fare la pipì seduti. La faccio in piedi solamente quando sono in un bagno pubblico. Perfino a casa di amici mi siedo. Anche perché in piedi tutti gli schizzi vanno in giro e non mi piace. Poi ho tutte le mie abitudini per andare in bagno. A casa mi tolgo sempre la camicia. Ho paura che si infili da qualche parte. D’estate addirittura mi piace spogliarlo mi completamente nudo. Via anche i pantaloni, così posso allargare bene le gambe e mi sento libero. A gambe strette ho sempre l’impressione di cacare fettuccine.
     In quei quattro giorni a New York mi sedevo e spingevo. Stringevo i denti e mi muovevo avanti e indietro con il busto. Sembravo Ray Charles al pianoforte.

Fabio Volo, "Il giorno in più"

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