A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri.
Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'è una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante preciso?
O lo sapevano già dall'inizio i due, era già tutto combinato:
- "guarda io mollo tutto tra 7 anni"
- "per me va bene"
- "allora intesi? per il 13 maggio"
- "ok"
- "a mezzogiorno"
- "facciamo a mezzogiorno e tre quarti"
- "d'accordo allora buona notte"
Sette anni dopo, il 13 maggio, a mezzogiorno e tre quarti... FRAAAAAMMM!!!
È impossibile da capire, è una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto.
Quando cade un quadro.
Quando ti svegli un mattino, e non la ami più.
Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra.
Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui.
Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio.
Quando, in mezzo all'Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: "A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave".
Ci rimasi secco. Fran.
Alessandro Baricco, "Novecento"
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